Conoscere la Provincia di Pavia

La Provincia di Pavia è suddivisa in tre zone geografiche delimitate dal percorso dei fiumi che ne lambiscono i confini o la attraversano. Queste zone sono:

  1. la Lomellina, delimitata dal fiume Sesia a Ovest e dal Ticino a Est, mentre a Sud è delimitata dalla Riva Sinistra del Po. Confina a Nord con le Provincie di Novara e Vercelli, mentre a Ovest con la provincia di Alessandria
  2. Il Pavese, delimitato a Est dalla Riva Sinistra del Ticino fino alla sua confluenza con il Po per continuare con la riva sinistra di quest’ultimo. Confina a Nord con la Provincia di Novara,a Est con le Provincie di Milano e Lodi.
  3. L’Oltrepo Pavese è invece delimitato a Nord dalla riva destra del Po, mentre ad Ovest confina con il Piemonte (Alessandria), a Sud con Liguria ed Emilia Romagna (genova e Piacenza) e ad Est con l’Emilia Romagna (Piacenza). 

La  Lomellina e il Pavese sono aree pianeggianti mentre L’Oltrepo Pavese è una zona collinare e montana.

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La Lomellina

Storicamente la Lomellina presenta nel corso dei secoli raramente una storia unitaria ed autonoma, in quanto subisce l’ influenza di centri come Vercelli, Novara, Milano e Pavia, e si riduce in senso stretto, ad un’ area facente capo, dapprima, a Lomello e, successivamente a Mortara, mentre il Vigevanasco ha avuto vicende a parte. Se si prescinde da tempi più lontani, è in età galloromana che le testimonianze sono più precise.

Lomello si evidenzia come il centro più importante e in epoca imperiale, la sua posizione risulta ulteriormente rafforzata in quanto mansio delle strade che da Pavia conducevano alle Gallie, conserverà poi in età Longobarda una funzione rilevante. L’ avvento a Lomello, intorno al Mille, dei Conti Palatini, se da un lato darà lustro e importanza alla località, dall’ altro, protrae, l’ ordinamento feudale in forma precaria. Il consolidamento a Pavia dell’ istituto comunale, si concretizzerà, nel secolo successivo, nella lotta tra le due città; Lomello e la lomellina cadranno in tal modo, insieme ai Conti Palatini, sotto il dominio Pavese. Il XII e XIII secolo saranno, per questo territorio, particolarmente infausti, soggetto, come tutta l’ Italia comunale, agli scempi di continue contese.

Queste si placheranno nel ‘300, con l’ affermazione dei Visconti. Nell’ ambito del ducato di Milano e il periodo Sforzesco, la Lomellina conoscerà uno dei momenti più splendidi della sua storia. Nel 1532 Vigevano veniva eretta, con il suo contado, a entità amministrativa autonoma, sempre all’ interno del Ducato di Milano. Nel corso del ‘500 l’ intera area subiva intanto un massiccio processo di rifeudalizzazione e dopo un periodo di pace, nel ‘600, è soggetta in quanto terra di confine, al passaggio continuo di eserciti con gli effetti che si possono immaginare. Nel 1707 la Lomellina viene distaccata da Milano e quindi da Pavia e aggregata al Piemonte. Mortara,a cui viene conferito il titolo di città, ne diventa capoluogo.

Il Vigevanasco e il Siccomario passeranno ai Savoia solo nel 1743. Dopo varie vicissitudini, legate all’età Napoleonica, nel 1818 si realizzava la Provincia di Lomellina. Il Risorgimento italiano trova la Lomellina in prima fila sia per il contributo dei suoi uomini ( es. i fratelli Cairoli ), sia per i sacrifici che le invasioni austriache, nella prima e nella seconda guerra d’ indipendenza, la costrinsero a sopportare. L’ unità conseguita rimise in discussione tutto l’ assetto del territorio: essa venne riunita alla Lombardia attraverso la formazione della Provincia di Pavia.
Il territorio della Lomellina, limitato dal Po, dal basso corso del Ticino, dal corso del Sesia e da una linea che unisce il Ticino e il Sesia a sud di Vercelli e di Novara, ha una superficie di 1064,53 Kmq. Essa comprende un tratto della pianura alluvionale posta a sud di una linea di fontanili e sorgive che assicurano grande abbondanza di acque irrigue, caratteristica inconfondibile dell’ intera zona. Tra i corsi d’ acqua principali si annoverano i torrenti Agogna e Terdoppio ed i due rami del Canale Cavour. Per la sua posizione la regione presenta un clima continentale umido. Tale umidità, favorita dalla distesa delle risaie e dei prati marcitori, è causa di frequenti nebbie. La temperatura è relativamente più mite a nord che a sud, dove si toccano minime invernali di 0-1° e medie estive di 23-24 gradi centigradi. Regione eminentemente agricola, la Lomellina, ha subito qualche trasformazione nell’ ultimo trentennio evolvendo verso attività industriali che si sono sviluppate fino a conseguire posizioni in campo nazionale. Contrassegnata dalle coltivazioni di riso che fanno di questa regione una delle maggiori produttrici, l’ intero comprensorio può essere considerato uno dei più importanti del quadrilatero agricolo padano, formato dalle province di Novara, Milano, Vercelli, Pavia.

Il Riso e le Risaie. Le origini del riso sono controverse, si pensa alle pendici dell’ Himalaya, dove pare esistesse già dodicimila anni addietro. Reperti di riso, risalenti al VI millennio a.C. sono stati ritrovati in Cina e Thailandia. Per secoli il riso è stato coltivato con il sistema della semina diretta. Un importante innovazione del XX secolo, è lo sviluppo e il perfezionamento della tecnica del vivaio, in base alla quale la semina avviene in piccoli appezzamenti, qui le piantine si sviluppano addossate una all’ altra, protette e controllate. Le tre fasi fondamentali della coltivazione del riso sono: semina, trapianto e taglio; più una fondamentale: la monda. Questa tecnica consentiva di ridurre un terzo la manodopera e di sfruttare per altre coltivazioni, come il grano, i vasti appezzamenti dove sarebbero state trapiantate le piantine di riso. Si ottenevano in questo modo due raccolti, ma quello del grano, mietuto in anticipo per far posto al riso, non era soddisfacente, senza contare l’ impoverimento del terreno poco sfruttato. La semina è un arte che richiede esperienza: le piantine non devono crescere troppo fitte. Il trapianto avveniva da metà maggio e si protraeva al massimo fino alla fine di giugno. La monda iniziava contemporaneamente al trapianto, finendo verso la metà di luglio Tra settembre e ottobre avveniva la mietitura. Oggi la coltivazione del riso, come per tutte le produzioni agricole, ha subito una radicale modernizzazione abbattendo i costi di manodopera, per riuscire così a rimanere competitiva sul mercato globale.

Tecnicamente i tempi che intercorrono dalla semina alla raccolta si sono ridotti, rimangono invece inalterati i periodi di allagamento e di asciutta della risaia. L’ antica tecnica della monda, ormai in disuso, è stata sostituita da tecniche seminative innovative, che permettono di calibrare l’ investimento di semi per ettaro. Inoltre sono stati introdotti diserbanti che possono così contrastare le erbe infestanti della risaia. La riduzione dei tempi, del ciclo vegetativo del risone, permette di avere una trebbiatura anticipata rispetto agli anni passati. Il raccolto del risone inizia solitamente, salvo rare eccezioni stagionali, nella prima settimana di settembre, con la trebbiatura del risone che darà origine a risi superfini, per concludersi alla fine di ottobre con i risoni comuni. Fra le più diffuse varietà coltivate in lomellina ricordiamo: il Rosa Marchetti, il Padano, il Roma, il Lido, l’ Arborio, l’ Originario e in piccolissima parte il nobile Carnaroli.
La produzione agricola del risone e la conseguente produzione di riso da parte delle aziende di trasformazione occupa i primi posti nell’economia della provincia di Pavia. Nella Lomellina vengono coltivati principalmente risi fini e semifini. Ultimamente sono stati importati e messi in coltivazione risi di varietà Asiatica (Indica) che sono destinati alla produzione di riso parboiled. Sotto l’aspetto gastronomico il riso è molto versatile: si presta infatti a moltissime preparazioni, dall’antipasto al dolce. In Italia però viene prevalentemente usato come primo piatto e da questo deriva il suo basso consumo perché in questo ruolo è in diretta competizione con la pasta.

Il riso invece potrebbe essere utilizzato in molti altri modi: per preparare piatti unici, come “letto” per vari intingoli a base di pesce, carne o verdure; oppure per dolci e budini. In altri paesi il riso in genere viene servito come contorno al posto del pane. Il riso è stato classificato secondo 5 categorie e precisamente: riso comune od originario: ha grani piccoli e tondeggianti. Durante la cottura, che richiede 12-13 minuti, tende a perdere amido; è perciò indicato in quelle preparazioni dove questa caratteristica è desiderabile come per le minestre e i dolci. Appartengono a questo gruppo le varietà Originario, Balilla, Raffaello e Pierrot. Riso semifino: è caratterizzato sempre da chicchi tondeggianti ma di grandezza media.

Il suo uso è consigliato per risi asciutti, timballi, supplì e come contorno. In questa categoria sono comprese le varietà Lido, Maratelli, Padano, Vialone nano, Italico, Romeo, Rosa Marchetti. Riso fino ha chicchi più lunghi e affusolati, il tempo di cottura è più lungo, 14-16 minuti, e lascia poco amido durante la cottura. È indicato per risotti, insalate e piatti unici. Le varietà principali sono Ribe, Sant’Andrea, Europa, Smeraldo, RB, Ringo, Rizzotto. Riso superfino ha chicchi grossi e molto lunghi, tiene bene la cottura ed è perciò il più adatto per preparazioni delicate come risotti e insalate, ottimo anche per timballi e sartù.

Il Salame d’ Oca. Il salame d’ oca è uno dei prodotti tipici più importanti e famosi della Lomellina, in tutto il mondo, e da oltre sei secoli Mortara detiene la palma di prima produttrice di salame d’ oca nel mondo. L’ origine di questa tradizione , la si deve alla presenza in Lomellina nel corso del XV secolo, alla numerosa comunità ebraica. Si narra che per superare il sacro divieto, che secondo la cultura ebraica, impedisce il consumo di carne di maiale, la popolazione inventò l’ insaccato di carne d’ oca. Ai non ebrei venne l’ idea di mescolare le due carni, usando per l’ insaccato misto, la pelle del collo e del ventre della stessa oca. Ricorrenza tipica nella tradizione lomellina è, ancora oggi, Il Palio dell’ Oca, festa popolare tenuta nell’ ultima domenica di settembre.

Nella giornata, si cerca di far rivivere, con i personaggi più importanti del Palio: Ludovico il Moro, Beatrice d’ Este, la Corte Ducale, le Corporazioni delle arti e dei mestieri e gli Sbandieratori, attraverso una grande sfilata, le suggestive atmosfere madioevali. Al Palio partecipano le sei contrade mortaresi. A rappresentare ciasuna contrada, vi è un arciere, che deve scagliare dei dardi contro un bersaglio numerato: a seconda del punteggio ottenuto, vengono mosse delle pedine umane lungo un percorso composto da cinquanta stelle. Vince il Palio, uno stendardo raffigurante le insegne delle sei Contrade, chi per primo raggiunge, con una sua pedina, la cinquantesima stella.

Offelle di Parona. Tipico dolce della Lomellina nato verso la fine dell’ 800, originario appunto dal paese di Parona. Si tratta di piccoli biscotti di pasta frolla, in alcuni casi impastati con crema di cioccolato, dalla forma ovale. Il Bisson di Breme. Dolce delicatissimo, impastato con uova, farina e grasso d’ oca.la Virulà di Cergnago. Pasta chiara e pasta scura di cioccolato si fondono creando un dolce profumatissimo. Torte di mele, pere, amaretti, e la famosa Rusumà, zabaione con vino rosso.

 

La zona chiamata propriamente “Bassa Pavese” ,oppure ” Pavese ” si trova a nord-est del territorio provinciale. Essa è delimitata a nord dalla provincia di Milano, a nord-ovest dal fiume Ticino e a sud dal Po. Il Pavese è una terra splendida per ricchezza di suolo, armonia di paesaggio e fattori storici, ambientali e turistici. Gli agglomerati sono collegati da una fitta rete di strade e sorgono in una piana che asseconda il corso di fiumi, rogge e canali : dal Po al Ticino, dall’ Olona al Lambro,dal Naviglio napoleonico alle rogge Opizzona e Carlesca.

Dal punto di vista geologico i terreni che derivano dall’alluvium e dal diluvium antico e recente, sono profondi e ricchi di calcare. Non è tuttavia facile stabilirne l’origine geologica, in quanto essi hanno subito imponenti modificazioni. Le pratiche colturali e l’irrigazione ne hanno mutato letteralmente l’economia. La parte più alta del Pavese digrada a terrazzi lenti ed ampi verso la valle del Ticino. Vi abbondano filari di piante d’alto fusto e fossati dove scorrono le benefiche linfe della campagna. Il clima pavese è, in generale, di tipo continentale, con notevoli escursioni termometriche.

L’ambiente è tuttavia sano. Le precipitazioni medie annue sono piuttosto basse ed i giorni piovosi mal distribuiti. Il regime pluviometrico è del tipo sub-litoraneo. La nebbia, regina dell’autunno locale, si manifesta, di regola, da ottobre a febbraio, per un totale medio di 90 giorni.

Trascurando per un attimo la Zuppa alla Pavese, che ha una storia ed una fama particolare, una delle più tipiche specialità gastronomiche pavesi rimane forse il Risotto alla Certosina . Si tratta di un piatto magro, ispirato alle regole monacali della Certosa. Nella sua preparazione più consueta viene presentato in bianco, con condimento di filetti di pesce e di rane.

Riso e Risone. La produzione agricola del risone e la conseguente produzione di riso da parte delle aziende di trasformazione occupa i primi posti nell’economia della provincia di Pavia. Il Basso Pavese è la patria dei risi superfini (Arborio – Roma – Vialone Nano – Carnaroli). Sotto l’aspetto gastronomico il riso è molto versatile: si presta infatti a moltissime preparazioni, dall’antipasto al dolce.

In Italia però viene prevalentemente usato come primo piatto e da questo deriva il suo basso consumo perché in questo ruolo è in diretta competizione con la pasta. Il riso invece potrebbe essere utilizzato in molti altri modi: per preparare piatti unici, come “letto” per vari intingoli a base di pesce, carne o verdure; oppure per dolci e budini. In altri paesi il riso in genere viene servito come contorno al posto del pane. Il riso è stato classificato secondo 5 categorie e percisamente: riso comune od originario: ha grani piccoli e tondeggianti. Durante la cottura, che richiede 12-13 minuti, tende a perdere amido; è perciò indicato in quelle preparazioni dove questa caratteristica è desiderabile come per le minestre e i dolci. Appartengono a questo gruppo le varietà Originario, Balilla, Raffaello e Pierrot. Riso semifino: è caratterizzato sempre da chicchi tondeggianti ma di grandezza media.

Il suo uso è consigliato per risi asciutti, timballi, supplì e come contorno. In questa categoria sono comprese le varietà Lido, Maratelli, Padano, Vialone nano, Italico, Romeo, Rosa Marchetti. Riso fino ha chicchi più lunghi e affusolati, il tempo di cottura è più lungo, 14-16 minuti, e lascia poco amido durante la cottura. È indicato per risotti, insalate e piatti unici. Le varietà principali sono Ribe, Sant’Andrea, Europa, Smeraldo, RB, Ringo, Rizzotto.

Riso superfino ha chicchi grossi e molto lunghi, tiene bene la cottura ed è perciò il più adatto per preparazioni delicate come risotti e insalate, ottimo anche per timballi e sartù. Sono incluse in questo gruppo le varietà Roma, Arborio, Carnaroli, Baldo, Corallo. Come qualità di riso si segnala: Riso Carnaroli. Riso superfino è considerato il migliore riso italiano per la consistenza dei suoi chicchi e per l’eccellente tenuta in cottura che ne rende l’uso estremamente versatile e ne fa un riso eccellente per le grandi occasioni. Le sue qualità assicurano la perfetta riuscita di risotti, timballi ed insalate. Riso Roma.

Riso superfino dal chicco medio-grande, è un riso molto versatile che tiene bene qualsiasi tipo di cottura. La buona compattezza lo rende ideale per risotti tradizionali. Riso Arborio. Riso superfino dal chicco molto grosso con perla al centro-laterale, è la varietà più utilizzata dal consumatore italiano. Il suo valore nutrizionale è elevato ed il contenuto in proteine è tra i più alti in assoluto. I risotti, grazie all’alto contenuto di amido, risulteranno ben mantecati ed armoniosamente legati. Vialone Nano. Riso superfino è una varietà apprezzata soprattutto in zona circoscritta al Pavese, al Mantovano e al Veronese. Si distingue nettamente dagli altri risi per il chicco particolarmente grosso e, pur avendo forma tondeggiante, è considerato per la sua lunghezza tra i risi medi e non corti.

Ricordiamo inoltre La Colomba Pasquale, nata secondo quanto narra la leggenda, da un dono propiziatore fatto da un fornaio pavese al despota nordico Alboino, Il Pane di San Siro, i Ramolacci e Rapanelli, gli gnocchi alla besciamella, le polente pasticciate e il guazzetto di rane e la torta paradiso.

Ritornando alla Zuppa alla Pavese,la leggenda vuole che Francesco I di Valois, Re di Francia, dopo la sconfitta di Pavia fatto prigioniero, fu trasferito alla Cascina Repentita, ove, cercò per prima cosa di sfamarsi. Entrando in una casa colonica si racconta che fu sfamato da una contadina che stava preparando una zuppa mescolata a due uova intere. Nacque così la Zuppa alla Pavese la quale piacque a tutti i presenti tanto che Francesco I se ne fece dare la ricetta. Si è accertato che da allora il piatto figurò abitualmente sui menù della reggia francese. Tale piatto è una minestra invernale dall’ottimo sapore, che può essere seguito da carne o pesce. Il pane su cui si rovescia la zuppa può essere raffermo, tostato e/o spalmato di burro o meglio ancora, fritto.

L'Oltrepo Pavese

l’ OLTREPÒ PAVESE un territorio a forma di grappolo. Oltrepò Pavese già Vecchio Piemonte è l’area territoriale meridionale più grande della Provincia di Pavia che si spinge fino ai monti, formando un cuneo tra le Province di Alessandria e Piacenza. Al di là del Po, si estende per circa 70 km a sud della sponda destra del fiume da oriente a occidente e verso sud è montuosa.

Dal fiume si allontana per quindici miglia circa fino a raggiungere a est il territorio di Piacenza, mentre a ovest è delimitata dai territori di Tortona, Alessandria e del Monferrato al di là del Tanaro.

Ha una superficie complessiva di 109.815 ettari ed è costituita da pianure, colline e montagne. La zona collinare raggiunge i 300 metri di altitudine, costellata di castelli, con una piacevole varietà e ricchezza di paesaggi. La viticoltura occupa principalmente la zona collinare, i cui fianchi sono fittamente solcati da filari di viti, disposti secondo le curve di livello e secondo la massima pendenza con una vegetazione rigogliosa e grappoli opulenti. Su tutta la linea di colli che sovrastano il Po nella pianura della Via Emilia, sorgono i 78 comuni oltrepadani con cittadine, paesi rurali e castelli, fra campi e vigneti dove si coltivano le varietà di vitigni che danno i vini tipici e pregiati dell’Oltrepò Pavese, onore e vanto di questa generosa terra.

La zona di pianura, con un’area di 310 kmq, si estende a mo’ di mezzaluna tra il margine collinare e il Po, restringendosi da Ovest a Est dai circa 16 km che separano il fiume Rivanazzano ai circa 4 km della “Stretta di Strabella”. Le estreme propaggini plioceniche delle basse colline affondano sotto i terreni alluvionali nei quali il passaggio dalle alluvioni più antiche a quelle più recenti non è sempre riconoscibile: manca infatti l’alto terrazzo del piano diluviale generale che invece si innalza per vari metri sulla riva sinistra del Po. Il clima in queste zone di pianura si presenta con una umidità elevata, la quale si manifesta talvolta sotto forma di nebbia, specialmente nelle notti e nelle prime ore del mattino lungo i corsi d’acqua. La vegetazione comprende soprattutto pioppeti. I terreni sono fertili e in parte irrigui ma tutti seminativi con alta produzione di cereali e prodotti ortofrutticoli.

La zona di collina ha una estensione di 464 kmq (il 42 % dell’Oltrepò pavese) e raggiunge una altitudine di circa 600 m sul livello del mare. Il clima è del tipo temperato, con in particolari periodi dell’anno, elevate escursioni termiche, manca un vero periodo di attività primaverile e le precipitazioni atmosferiche sono riscontrabili in quasi tutto l’arco dell’anno, con piogge abbondanti soprattutto in Autunno.
La vegetazione comprende oltre ai campi coltivati boschi di querce, carpini, ontani e frassini. L’aspetto più importante che caratterizza e distingue la zona collinare è la sua straordinaria capacità produttiva particolarmente vocata per la produzione di vini bianchi ma anche rossi corposi e dal sapore pieno. Con i suoi 16.000 ettari di vigneti l’Oltrepò costituisce una realtà unica in Italia.

Dei 1098,15 kmq costituenti l’area dell’Oltrepò Pavese 325 kmq appartengono alla zona di montagna. Essa comprende l’alta valle dello Staffora, la val Trebbia e la val Tidone. Il crinale appenninico culmina nel monte Chiappo (1699 m) e la dorsale sinistra prosegue con il monte Rotondo (1568 m), il monte Garave (1549 m) e il monte Bogleglio (1491 m). L’altro dorsale dal monte Lesima (1724 m), la cima piu’lta dell’appennino pavese, con direzione Nord tocca il monte Tartaro (1683 m), il monte Terme (1551 m), il Cima Colletta (1493 m), il passo del Brallo (951 m) il piu’ alto comune della provincia di Pavia e prosegue con il monte Penice (1460 m).
Infine ad Ovest troviamo il monte Alpe (1260 m) riserva parziale bio-genetica. Per quanto riguarda gli sport invernali, alcune località quali monte Penice e monte Chiappo sono dotati di impianti e strutture sciistiche. La vegetazione è di tipo boschivo tra cui spiccano castagneti, faggeti, abeti, pino nero e larice. La fauna risente molto della presenza dell’uomo, comunque sono presenti lo scoiattolo, il toporagno, la faina, il tasso, la lepre e la volpe. I rapaci sono la prova dello stato di salute del territorio.

L’Oltrepò Pavese è una zona da considerarsi ad alta vocazionalità viticola, grazie alle sue caratteristiche pedologiche, territoriali e climatiche, che ben si adattano alla coltura della vite. Naturalmente l’estrema variabilità delle condizioni pedo-climatiche fanno sì che alcune zone si mostrino più adatte a certi vitigni piuttosto che altri, proprio sulla base delle caratteristiche genetiche di questi ultimi. Se vero è che la vite è coltivabile un po’ ovunque in Oltrepò, vero è anche che determinate caratteristiche organolettiche saranno raggiunte solo tenendo conto delle precise situazioni di terreno e clima in rapporto alle caratteristiche dei vitigni o in altre parole dell’interazione vitigno-ambiente, intendendo come ambiente l’insieme del terreno edelclima.Nella zona più orientale, con riferimento ai comuni di San Damiano al Colle e Rovescala, al confine con la provincia di Piacenza, è diffusa la coltivazione delle due principali uve a bacca rossa, Barbera e Bonarda pavese, localmente detta Croatina.

Le uve raggiungono, per motivi legati oltre che al suolo anche al clima, ottimi livelli di maturazione, capaci sia di dare vini vivaci di corpo che di sostenere invecchiamenti notevoli con il contributo del legno nella vinificazione. Qui anche il Pinot nero con cloni adatti, fornisce degli invidiabili vini rossi. Di converso, la zona, non si presta all’ottenimento di bianchi particolarmente freschi ma riesce, comunque, con il Pinot nero a dare buoni vini bianchi fermi. In bassa Valle Versa, nella zona di Canneto Pavese, Montescano, Montù Beccaria, le medesime uve riescono a dare un prodotto che per motivi di ordine climatico è organoletticamente assimilabile alle zone geologicamente più vocate precedentemente descritte.

La migliore espressione per le varietà a bacca bianca si ha in alta Valle Versa e in alta Valle Scuropasso dove si possono distinguere aree a vocazionalità omogenea. Ottime risultano, per le basi spumante con Pinot nero, Chardonnay, Riesling italico, le zone di alta valle, la sponda di destra con Canevino, Volpara e Golferenzo, (le ultime due ottime anche per la varietà Moscato), ed in parte Santa Maria della Versa. Nella sponda di sinistra ha uguale valenza Montecalvo Versiggia. Per i bianchi fermi la zona migliore si sposta ad una quota inferiore verso il fondovalle degli stessi comuni.

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